I giochi di una volta: la tradizione è fantasia
Ti ricordi quanto erano belli i giochi che facevamo quando eravamo piccoli? Non avevamo né smartphone né tablet, eppure non ci annoiavamo mai.
Io adoravo giocare “a figurine“. Era un modo per non comprare troppe bustine e completare i miei album preferiti. Per non parlare del “ruba bandiera” o del “Acchiana ‘u patri cu tutti ì so’ figghi.”
Oggi i bambini hanno già uno dispositivo multimediale a 6/8 anni. Tutto ciò è abbastanza triste. Se ci pensi castrano la socializzazione e la creatività che sono alla base di una sana e felice crescita personale.
Non vuole essere un decalogo su: “ai miei tempi si stava meglio”. Piuttosto vorrei, con un pizzico di nostalgia, ricordare insieme a te i giochi tradizionali siciliani e far girare ancora una volta la Strummula della nostra fantasia.
Se hai almeno 30 anni, ricorderai ognuno di questi giochi, inventati da noi piccoli per passare il tempo tra un’analisi grammaticale ed un problema aritmetico su quante mele fossero rimaste a Pierino.
Se invece sei un ragazzo degli anni ’90, difficilmente saprai di cosa parlo. Ma puoi benissimo rimediare dando un’occhiata a questo articolo. 😉
Giochi tradizionali siciliani scopriamoli insieme!!!
1) ‘A Strummula, il simbolo dei giochi siciliani
Il gioco della strummula, rigorosamente praticato per strada, era abbastanza diffuso tra i maschietti. Le bambine preferivano di gran lunga saltare la corda o giocare ai quattro cantoni, tra la costruzione di una bambola e la realizzazione di un cartellone colorato.
Il gioco era piuttosto semplice. Bastava trovare uno spiazzo, disegnare due linee parallele con un gessetto o un legnetto per delineare il campo, e portarsi la propria strummula costruita in maniera artigianale.
Lo scopo era far girare il più a lungo possibile ‘a Strummula. Era anche previsto un pegno per l’ultimo classificato. A inizio gioco veniva stabilito un numero di colpi – dette “pizziate” – che la strummula del perdente doveva subire. Spesso questi colpi, dati con il chiodo della trottola, distruggevano letteralmente il giocattolo del “appuzzatu”.
2) Acchiana ‘u patri cu tutti ì so’ figghi
L’antenato della cavallina. Divisi in due squadre, un bambino si poggiava al muro ed un altro doveva saltargli sulle spalle. Così fino a quando il primo non riusciva più a sorreggere il peso degli altri compagni e cadeva per terra.
Il primo a saltare, durante la rincorsa, doveva urlare: “acchiana ‘u patri cu tutti ì so’ figghi.” Gli altri bambini dovevano rispondere con: “lu figghiu.”
L’ultimo componente della squadra, al momento del salto, doveva recitare questa filastrocca pregustando la possibilità di vittoria:
“Quattru e quattru ottu, scarrica lu bottu; l’aceddu cu li pinni scarrica e vattinni: unu, dui e tri fannu vintitrì, unu dui e tri fannu vintitrì, ti dugnu un pizzicuni e mi nni vaju.”
Un gioco che univa il divertimento all’aria aperta con la tradizione per il dialetto siciliano che oggigiorno è sempre meno diffuso tra i giovani.
3) ‘A Mazza, il Baseball made in Sicily
Un gioco semplicissimo. Servivano due pezzi di legno, uno di circa 50 cm ed uno più piccolo dove venivano create due punte.
Con il bastone più lungo – ‘a mazza – si doveva colpire una delle due punte del bastone più piccolo in modo da farlo alzare da terra per poi essere colpito dalla mazza. Chi riusciva a lanciare più lontano il bastone più piccolo, era il vincitore.
Anche questo gioco veniva praticato all’aria aperta. A stretto contatto con la città, con la strada, con il proprio quartiere, con i colori e gli odori di una tradizione antica come l’invenzione della ruota, e come la semplicità che si cela dietro il far volare un aquilone, o rincorrersi per scambiarsi la temibile Muffa.
Meglio prima?
Questi sono solo alcuni dei numerosi giochi che via via si sono andati a susseguire negli anni. Giochi che fanno parte della nostra tradizione.
I nostri nonni e i loro nonni giocavano con quello che trovavano.
Con un pezzo di legno, con una corda logora o con datteri usati come proiettili, correndo tra i campi, lontani da smog e dal chiasso della città.
Giocavano soprattutto con la fantasia, distante dal sempre più necessario progresso.